Fotografia 2018
Intervista a Sara Lorusso
La Galleria di Palazzo Spada è una finzione architettonica, un’illusione spaziale che si sveste del ruolo di architettura per diventare un mezzo, un meccanismo che apre a nuove realtà. Per un fotografo, entrare in contatto con questo artificio rappresenta un momento decisamente significativo, perché la Galleria, come la fotografia, restituisce una visione della realtà.
Il fatto che la Galleria Prospettica abbia una doppia visione, mi appartiene molto. Esprime quel senso di dualismo che fa parte della mia concezione artistica. In questo spazio c’è uno studio di prospettiva che fa apparire la realtà come non è. Se dovessi immaginare di collocare le mie opere all’interno della galleria, quasi in un gioco di illusione nell’illusione, posizionerei le mie foto tra le colonne, magari con l’utilizzo di specchi. In questo modo sarebbe possibile vedere il riflesso di un altro particolare, che altrimenti sarebbe stato nascosto. Anche la presenza del verde e degli alberi nel giardino fa sì che io mi riveda molto in questa unione tra arte e natura.
L’arte è contaminatrice e si intercetta nell’operato che ogni artista esegue, e il fotografo non è da meno. Della Galleria Spada e del suo Barocco traboccante, sento sicuramente mio l’aspetto compositivo. Nel Seicento vigeva un rigore ben preciso per le posizioni e le proporzioni, per la cura dei dettagli. Il mio modo di fotografare mira alla stessa ricercatezza, a un equilibrio degli elementi e dell’immagine generale.
Eppure, in tutta questa costruzione spaziale, se dovessi fotografare un punto di questo ambiente, sceglierei di fotografare l’albero al centro del cortile della Galleria, che affaccia proprio sulle colonne. Sento mio l’elemento naturale, rappresenta la mia visione e la mia ricerca fotografica, sempre vicina alle sensazioni e agli elementi vitali. Il mio lavoro passa attraverso l’istinto, la naturalezza, filtrando la bellezza dell’arte.
Ho sempre approcciato il mondo artistico attraverso la fotografia perché è il mezzo con cui riesco ad esprimermi. Quando voglio esprimere qualcosa mi viene naturale farlo attraverso la fotografia piuttosto che la scultura o la pittura. Anche perché, secondo me, al giorno d’oggi la fotografia è sempre attuale e può essere inserita ovunque. Sui libri, sul web ovviamente, oppure in un punto visibile: si può affiggere su un muro per strada, ci passi e ti fermi a guardare perché colpisce.
La fotografia è più immediata, ma è un vero peccato che l’arte classica, in tutte le sue forme, stia passando in secondo piano. Nonostante le innovazioni tecnologiche continue, non dobbiamo dimenticare l’arte da dove è nata e come possa esprimersi in infiniti modi.
Questa immediatezza è il mio strumento di indagine, studio il corpo e i suoi accadimenti naturali, ne associo le forme a quelle vegetali, ridisegno il mio corpo e quello degli altri, mi è sempre interessata questa dimensione. Valorizzo il corpo della donna ma non vorrei farne una campagna di sensibilizzazione, non è quello il mio intento. Vorrei solo fissare alcune idee. Vorrei mostrare cosa è realmente essere una donna, oltre schemi e stereotipi.